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Meditazioni sul Purgatorio
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13° Giorno: CHI SONO LE ANIME PURGANTI RISPETTO A DIO
Altri dolcissimi vincoli ci stringono alle anime purganti,
se consideriamo chi siano quelle anime rispetto a Dio. Esse
sono anime redente col sangue di Gesù Cristo; anime bellissime, perché ornate della grazia; anime che Dio attende in
cielo.
Dio Padre creò quelle anime; il Figlio le redense; lo Spirito Santo le santificò.
Quale prezzo hanno dunque costato a Nostro Signor Gesù
Cristo? Non è già oro ed argento che egli abbia dato per la
loro salvezza, ma il Sangue suo Divino. Contempliamo il Divin Salvatore nel Getsemani; ovvero legato alla colonna e
flagellato; curvo sotto il peso della croce che è condotto a
morire; offeso sotto i colpi dei chiodi che gli traforano le
membra; oppure crocifisso e agonizzante e, poi, spirato su
quel penoso patibolo.
Vedi: che cosa ha fatto Gesù per quelle anime? Vedi
quanto sia preziosa un’anima? E tu per un’anima non saprai
fare qualche piccolo sacrificio? quando vedi che Gesù Cristo ha potuto dire: «Vedi quel Cuore che tanto ha amato gli
uomini e nulla ha risparmiato per essi».
Vedi che cosa fanno altri per le anime, su l’esempio del
Divin Maestro: i missionari lasciano la patria e si condanna
no ad una vita di stenti, pericoli, fatiche; sacerdoti, confesso
ri, predicatori consumano la loro vita nel confessare, amministrare Sacramenti, seminare la parola di Dio. Vi sono suore
che vivono negli ospedali tra grandi sacrifici solo pel bene
del prossimo; vi sono educatori che consumano i loro giorni
nel faticoso apostolato della gioventù; vi sono anime vittime
che soffrono un quotidiano martirio pur di salvare.
E noi che cosa sapremo fare per un’anima?
Noi vorremmo dirci seguaci di Gesù, suoi discepoli ed
imitatori? Eppure forse per le anime nulla diamo; tutto riserviamo al nostro stretto egoismo? Imitiamo dunque Gesù:
siamo generosi per le anime purganti.
Ecco un esempio narrato da S. Francesco di Sales.
Quando era egli studente a Padova, avvenne una sera che
un suo compagno, tornando a casa dalla scuola, fu colpito alla
testa da una palla di archibugio e cadde morto. L’autore del
colpo – uno di quei giovani spensierati che si divertivano per
correndo durante la notte la città, coll’arma in mano, e, gridando il «Chi va là» a quanti incontravano, tiravano se non ricevevano risposta – senza sapere chi avesse ucciso, preso da
spavento si diede a fuga precipitosa, e non sapendo dove fuggire, entrò in casa di una buona donna vedova che conosceva,
il cui figlio era suo compagno di scuola. Piangendo confessò
di aver ucciso uno sconosciuto, e la pregò a nasconderlo nella
sua casa. Presa da compassione, la buona donna lo confortò
come poté, e lo nascose in un gabinetto, dove nessuno l’avrebbe trovato. Dopo pochi minuti si ode fracasso alla porta. Chi
sarà? La vedova va a vedere e, giunta alla porta, si vede cadere
ai piedi un cadavere insanguinato: era suo figlio!
Si può immaginare qual colpo al suo cuore di madre!
Come fuori di sé per il dolore, torna al giovane che aveva nascosto, ed esclama: «Che mai vi fece mio figlio, per averlo sì
crudelmente ucciso?».
Come sia quello rimasto all’udire che aveva ucciso il suo
amico, non si può dire! Si mise anch’egli a gridare, a strapparsi i capelli, a piangere come un disperato. Poi si gettò a
terra, e chiedendo perdono alla sua protettrice, la pregò a
consegnarlo alla giustizia. Quella madre desolata si ricordò
in quel momento di essere cristiana, e l’esempio di Gesù
Crocifisso che sulla Croce perdonò ai suoi crocifissori, le
ispirò un atto eroico. Rispose che chiedesse perdono a Dio, e
mutasse vita, che essa non solamente lo perdonava, ma si sarebbe opposta a qualunque azione contro di lui.
Orbene Gesù non tardò a premiarla. Nella notte seguente
le apparve l’anima di suo figlio, tutta gloriosa, e le disse:
«Mamma, pel perdono che voi concedeste a chi tanto vi ha
addolorata, io son libero dal Purgatorio, dove avrei dovuto
fermarmi lungo tempo!».
Eroismo di virtù, ed efficacia ammirabile delle opere di
misericordia!
Ricordiamo il fatto riguardante il duca d’Iramond. Da
qualche mese gli era morta la madre, alla quale però conservava sempre venerazione profonda. Ed ecco che un mattino,
mentre si preparava ad uscire per le solite manovre militari,
sente i rintocchi cadenzati di un campanello e, poco dopo,
vede entrare nel suo appartamento un sacerdote che, seguito
dal chierichetto e da altre persone, recava solennemente il
Santo Viatico.
Il giovane ufficiale, meravigliato, osservò che si sbaglia
vano: avevano certo preso una porta per un’altra...
– Ma no, rispose il sacerdote, non è forse questo il numero
tre, l’appartamento del capitano d’Iramond?
– Ma allora, riprese costui, si vede che chi vi ha indirizzato
ha voluto farci un brutto scherzo: in questa casa abito io solo
e, come vedete, sto benissimo, non ho bisogno di Viatico io...
– Eppure, eppure, replicò il buon prete, eppure pare im
possibile; chi mi ha diretto è stato una nobile Signora, che
incontrai appena terminata la Messa. «Corra, corra in fretta,
mi disse, corra a portare il Viatico al duca d’Iramond, che
sta nella via tale al numero tale... Ma, per carità, faccia presto, altrimenti non giungerebbe in tempo!...». Ed io, come
vede, sono subito corso...
– Possibile! – interruppe il capitano, – non ci capisco proprio nulla; chi può essere questa Signora che si prende gioco di me?
– Ah! eccola, ecco la Signora che mi ha qui mandato! –
esclama il prete accennando ad un ritratto ad olio appeso alla
parete, è proprio lei... la riconosco!...
– Che dite mai! Quella è mia madre, morta già da quasi un
anno!... – grida attonito il duca d’Iramond.
Anche il Sacerdote trasalì, si fece un poco pallido e, con
voce commossa, disse al capitano:
– Mio caro, i disegni della Provvidenza sono impenetra
bili, ricevete la Comunione, è sempre buona cosa essere in
pace con Dio... e poi chissà, ciò farà certo piacere alla defunta vostra madre, la duchessa d’Iramond, che, senza dubbio, nell’altra vita veglia su di voi.
Intenerito e compunto, il capitano finì per confessarsi e
comunicarsi, e quindi uscì di casa per le grandi manovre.
Nemmeno un’ora dopo, rientrava; ma col capo sfracellato
da un’improvvisa caduta da cavallo.
Il Santo Viatico era proprio per lui, che il prete l’aveva
portato!...
Le anime purganti sono bellissime. Di esse noi siamo si curi che sono vestite collo splendore della gloria. Sebbene ancora con qualche debito, tuttavia possiedono una ricchezza
inestimabile. Tutti i beni della terra assieme, dice S. Tommaso, non valgono un minimo grado di grazia. Eppure spesso là
si tratta di anime che hanno molti gradi di grazia!
Per la grazia esse sono: figlie di Dio, eredi del cielo, incorporate a Gesù Cristo, come insegna San Paolo [cf. Rm 8,17].
Per la grazia esse riprenderanno il loro corpo nel giorno
della risurrezione. Sarà un corpo glorioso; cioè: splendente
come il sole; sottile, di modo che passerà attraverso ai corpi
senza alcuna difficoltà; agile nel trasportarsi da posto a posto; impassibile ed immortale; partecipe come per riflesso
della gloria e letizia dell’anima felice.
Sono, dunque, anime che meritano la nostra considerazione, ammirazione, amore, aiuto. Se si soccorre un infelice
peccatore, perché a maggior ragione non soccorrere queste
anime così belle? Per i peccatori è venuto Gesù Cristo: ebbene, a queste anime rimangono soltanto ora reliquie di peccati
o debiti per peccati. Soccorrerle significa: completare l’opera
redentrice di Gesù Cristo; entrare nello spirito stesso del Divin Maestro.
Il Signore, mentre da una parte è costretto a rinchiudere
le anime in quel carcere, dall’altra, giustizia e misericordia
gli fanno desiderare la loro liberazione. Dio desidera, con
forza divina, che la sua giustizia abbia presto le soddisfazioni che chiede; Dio desidera che la sua misericordia possa
aver presto libero corso, aprendo a quelle anime le porte del
cielo.
Quelle anime in cielo daranno al Signore una gloria incessante; poiché lo contempleranno, lo possederanno, l’ameranno, lo loderanno in eterno, in gara con gli Angeli. Dio in verità le ha create a questo fine; e S. Agostino esclama: «Signore, ci hai fatti per te e rimane inquieto il nostro cuore finché
in te non si riposi».
Veramente tale è il sospiro di Dio: che
andiamo a Lui; veramente tale è il sospiro delle anime, di
andare a Lui. Con la liberazione si ottiene dunque il fine
della creazione, il fine della Redenzione, il fine delle comunicazioni dello Spirito Santo.
Rappresentiamoci il padre del Figliuol prodigo, che sospirava il ritorno di lui, notte e giorno. Rappresentiamoci il desiderio del Buon Pastore di ritrovare e condurre nell’ovile la
pecorella smarrita. Rappresentiamoci la donna che va in cerca della dramma smarrita. Sono immagini di quello che è il desiderio di Dio di abbracciare l’anima fedele, che trovasi
già presso le porte del cielo.
È dunque un dissetare il cuore di Dio, mandargli anime al
paradiso. È dunque un estinguere la sete di quel Gesù che dalla croce gridò: «Ho sete!» [Gv 19,28]. È dunque un aprire quella porta che ancora divide il Padre Celeste dal figlio, perché
cadano l’uno nelle braccia dell’altro con ineffabile contento.
E si noti: noi lavoriamo tante volte su questa terra, ma
nell’incertezza: se quei peccatori si convertiranno, se quei
giovani persevereranno... Ma le anime del purgatorio non
possono più perdersi, il nostro zelo opera su anime elette.
Dunque la carità verso Dio ci induce a mandargli al cielo
quante anime possiamo.
PRATICA
La devozione dei «Cento Requiem»
(Per la pratica di questo pio esercizio ognuno può servirsi di
una corona comune di cinque poste, percorrendola tutta per due
volte, formando così le dieci decine richieste per i Cento Requiem).
MODO DI RECITARLA
V) Dio, vieni a salvarmi.
R) Signore, vieni presto in mio aiuto.
V) L’eterno riposo dona loro, Signore.
R) E splenda ad essi la luce perpetua.
Padre nostro, ecc. 10 Requiem. (Quindi la seguente giaculatoria).
Gesù mio, misericordia per le anime del Purgatorio e specialmente per l’Anima cara di N. N. e per l’Anima più abbandonata.
(Così per 10 volte, terminando poi con la recita del salmo Deprofundis [Sal 129]).
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
L’eterno riposo dona loro, Signore.
E splenda ad essi la luce perpetua.
GIACULATORIA: O dolcissimo Gesù, per il sudore di sangue
che avete sparso nel giardino del Getsemani, abbiate pietà delle
sante anime del Purgatorio. Abbiate pietà.
Frutto
Dies Irae
Il gran dì che subissato
L’universo in fiamme andrà,
Quel, dai Vati profetato
Quel, dell’ira il dì sarà.
Oh, che tremiti, che lutti
Faran l’alme agonizzar,
Quando il giudice di tutti
Verrà tutto a giudicar!
D’una tromba il miro suono
I sepolcri schiuderà,
E sospinte a pie del trono
Genti e popoli unirà.
Stupiran morte e natura,
Quando a dar ragion di sé,
Ogni umana creatura
S’alzerà riviva in pie.
Il volume, dove il vero
Scrisse Iddio d’ogni mortal,
Farà nota al mondo intiero
La sentenza universal.
Quanto è agli uomini celato
La giustizia svelerà:
Non pensiero invendicato,
Non parola inulta andrà.
Che dirò? Fra tanta pena
Dove scorre un difensor,
Mentre al giusto, al giusto appena
Batterà sicuro il cuor?
Tu che doni liberale,
Agli eletti la virtù,
Re del Ciel, fonte immortale
D’ogni ben, salvami tu.
E sovvieni, o Gesù pio,
Per non farmi, ahimè, perir!
Che qui un dì venisti, e ch’io
Fui cagion del tuo venir.
Me cercando, in croce appeso,
Tu mi fosti Redentor:
Deh, che indarno non sia speso
Tanto sangue e tanto amor!
Abbi, o vindice supremo,
Caritade abbi di me,
Pria ch’io debba il giorno estremo
Render conto innanzi a te.
Carco il volto di rossore,
Ai tuoi piedi, e reo qual son,
Con le lagrime del core
Ora imploro il tuo perdon.
Quando in croce al ladro il desti,
E a Maria pentita un dì,
O Gesù, tu allor volesti
Lo sperassi anch’io così.
Se non degni i preghi miei
Son la grazia a meritar,
Tu se’ buono, e tu mi déi
Dalle fiamme, o Dio, salvar.
Via dai capri sceverato
Che avran Satana per re,
Fa’ che accolto al destro lato
Cogli agnelli io sia da te.
Fulminati i maledetti
Giù nel baratro infernal,
Chiama me coi benedetti
Alla gloria trionfal.
Fra i singulti supplicando,
Quasi polve attrito il cor,
Del mio fine io raccomando
Il pensiero a te, Signor.
Giorno orribil di supplizio,
E di gemiti sarà,
Quando a udire il gran giudizio,
L’uom che è reo risorgerà.
Deh! perdona a lui pietoso,
Finché in vita ei sia per te;
E da’ pace, e da’ riposo
A chi morto è nella fe’.
(Vers. di L. Venturi).
Per i nostri defunti. Del Beato Giacomo Alberione